Nigeriano ottiene asilo: nel suo paese è perseguitato perchè gay

Il ventisettenne originario di Otu Ocha, adesso è un uomo libero e con il permesso di soggiorno. In Nigeria è stato esiliato dal suo villaggio e pure picchiato

di VINCENZO FALCI

CALTANISSETTA. Ottiene lo status di rifugiato politico in Italia perché gay. L'omofobia nel suo paese d'origine, la Nigeria, lo rendeva un «perseguitato». La sentenza, emessa dal tribunale civile di Caltanissetta rappresenta una sorta di spartiacque.

E così lui, Oba (ma non è il suo vero nome, per tutelarne la privacy), ventisettenne originario di Otu Ocha, adesso è un uomo libero e con il permesso di soggiorno. Libero dal pregiudizio ma, soprattutto, dalla persecuzione che ha subito nel continente africano. Da dove è fuggito un paio di anni fa, dopo essere stato pure picchiato, perché schiacciato dal peso dei tabù. Lì, in
Nigeria, assai più opprimenti che nel «vecchio continente», quasi un divieto sacrale, e non solo per una questione pregiudiziale. Tanto da essere stato esiliato dal suo villaggio nativo, Umuleri. Una condizione, la sua, che nel suo Paese non è solo asfissiante, ma pericolosa al punto tale da esporlo a fortissimi rischi.

Eppure, in Italia, Oba s'era già visto negare lo status di rifugiato in forza della convenzione di Ginevra. È stata la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Siracusa a dirgli di no con il provvedimento emesso il 30 agosto dello scorso anno. Ma il ragazzo quel provvedimento che gli ha negato il riconoscimento della protezione
internazionale lo ha impugnato. E, assistito dall'avvocato Giovanni Annaloro, s' è rivolto al Tribunale civile di Caltanissetta, che adesso gli ha dato ragione, segnando una svolta decisiva nella vita del ragazzo. Che grazie al pronunciamento del giudice Gaetano Mario Pasqualino ha coronato il suo sogno.

Discriminazione per le tendenze sessuali e «carenza di motivazione della decisione» hanno alimentato il ricorso del giovane Oba. Il giudice, nel motivare la decisione ha ritenuto che «nel merito le doglianze mosse dal ricorrente sono fondate, tenuto conto del fatto che il ricorrente ha riferito di essere espatriato per il timore di essere perseguitato». Il giovane ha raccontato di essere stato cacciato dal suo villaggio per le sua omosessualità e di essersi trasferito, nel 2005, a Port Harcourt dove ha lavorato fino al 2010 quando è fuggito perché gli è stata tesa un'imboscata. È stato scoperto durante un rapporto omosessuale con un ragazzo, complice degli assalitori che lo hanno poi pestato a sangue. E tra le pieghe del suo ricorso al giudice, Oba ha gridato a gran voce di temere per la sua vita, se rimpatriato. Perché la Nigeria «considera illegale e penalmente perseguibile una relazione tra persone dello stesso sesso». Così, il tribunale, accogliendo la tesi dell'avvocato Annaloro, ha riconosciuto che il diniego dello status di rifugiato avrebbe «violato un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione e dalla carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea».

Pubblicato da Lorenzo Bernini