Richiedenti asilo, il “paradosso” italiano in un’indagine del Cospe.

Ricerca in 5 Paesi Ue con interviste ai migranti. In Italia buone pratiche a
livello provinciale, ma restano circoscritte all'offerta di ospitalità. In Ue,
"mancano sistemi di inclusione".

Un paradosso quello che la legge prevede per i rifugiati e i titolari di
protezione perché "in Italia non sono state create risposte specifiche per i
richiedenti asilo".
È quanto denuncia il report Il paradosso di essere riconosciuto come rifugiato
in Italia: vivere in una prigione a cielo aperto, sulle condizioni dei
rifugiati in Italia, realizzato da Cospe all'interno del progetto europeo
Eduasyl.
Il report italiano, realizzato tra il 2010 e il 2011, parte dall'analisi della
realtà di Firenze per tracciare i contorni della situazione in tutta Italia, e
fa parte di un più ampio report europeo su 5 città e i rispettivi Paesi,
effettuato da un network europeo di associazioni che hanno analizzato la
situazione nelle loro rispettive città: Amburgo, Glasgow, Goteborg, Salonicco.
All'interno dell'indagine le interviste con i migranti dalle quali emerge
"come tutti abbiano sottolineato l'esigenza di potenziare il lavoro a livello
di rete, creando un network tra le varie associazioni che si occupano della
tematica. Tutti concordano inoltre sulla necessità di un monitoraggio stabile
delle situazioni di vita dei rifugiati, dei richiedenti asilo, di minori non
accompagnati e dei loro bisogni relativi all'educazione".
Secondo il report, "non mancano buone pratiche a livello provinciale, ma
restano circoscritte all'offerta di ospitalità mentre quello che manca è
proprio a livello strutturale. Una risposta importante viene da parte dell'
associazionismo che si è mosso molto per dare sostegno a queste esigenze, un
impegno che finisce per scontrarsi però col fatto che il mercato del lavoro
raramente risulta ricettivo nei confronti dei richiedenti asilo".
"In ambito europeo – spiega la ricerca – mancano ancora efficaci sistemi di
inclusione dei rifugiati: in particolare permangono barriere per l'accesso a
programmi educativi e di inserimento nel mercato del lavoro. I sistemi europei
di educazione e di formazione professionale non prevedono corsi specifici che
siano compatibili con i bisogni dei rifugiati e dei richiedenti asilo. In
particolare, non sono ancora stati ideati adeguati strumenti per la rilevazione
di saperi, capacità e competenze specifiche dei rifugiati, con una conseguente
inadeguatezza delle azioni che le istituzioni scolastiche e formative portano
avanti: non viene effettuata una reale valorizzazione degli specifici bagagli
linguistici, culturali, esperienziali. Le loro biografie transnazionali
potrebbero invece essere di particolare importanza ed utilità non solo per
ampliare le opportunità di inserimento lavorativo dei rifugiati, ma anche per
il tessuto sociale, culturale, educativo in cui si trovano".

Fonte: http://www.immigrazioneoggi.it/daily_news/notizia.php?id=004535
Pubblicato da Lorenzo Bernini