Essere gay in Africa - Gli omosessuali hanno vita dura, ma c'è chi con coraggio porta avanti la battaglia per la normalizzazione

di Marta Arniani
Maltrattati, uccisi, perseguiti dalla legge, clandestini. L'Africa è un continente nero per gli omosessuali, li accoltella due volte col tabù della convenzione sociale e con la legge di Stato: gli ultimi episodi di tensione sono avvenuti in Liberia, mentre dalla Tunisia arrivano messaggi di speranza da parte di chi ha deciso di non abbassare la testa.
LA LISTA NERA DEI GAY - Per le strade di Monrovia, la capitale della Liberia, è facile incappare nei membri del gruppo omofobo MOGAL che distribuiscono volantini in cui alla lista dei principali attivisti gay del Paese segue la promessa di prenderli "uno a uno con qualsiasi mezzo". Il Washington Post riporta che le telefonate di minaccia sono solo il primo avvertimento di una persecuzione che potrebbe degenerare nel sangue e che viene supportata dalla legge. A Febbraio infatti è stato stabilito che l'omosessualità è un reato
punibile con la galera e l'intenzione del presidente Ellen Johnson Sirleaf di non abrogare la legge che criminalizza la "sodomia volontaria" ha persino attirato l'attenzione del Dipartimento di Stato statunitense.
STATO SOVRANO - L'ambasciatore americano va con i piedi di piombo nella faccenda: il timore è quello di suscitare l'effetto opposto e far pesare il giudizio estero come un'ingerenza negli affari interni del Paese, rendendolo "un tentativo di imporre i valori occidentali nella società conservatrice africana". Meno cauto è Graeme Reid, il direttore del LGBT Rights Program di Human Rights Watch, che chiede che Sirleaf prenda una posizione netta sulla campagna di Mogal ed elimini i provvedimenti anti-gay di febbraio.
CHI NON STA ZITTO - Ha da poco compiuto un anno Gayday, la prima rivista online dedicata esclusivamente ai gay creata in Tunisia dal 23enne Fadi Krouj sfruttando il vento rivoluzionario che ha fatto cadere Ben Ali. Fadi (il suo è uno pseudonimo) in un'intervista a Afrik ammette che la sua avventura è un
azzardo:"Con la crescita del salafismo e dell'integralismo religioso rischiamo grosso.
Ma siamo anche la testimonianza di un Paese in transizione democratica e non possiamo abbandonare la nave senza almeno provare a rivendicare i nostri diritti. La nuova Tunisia può accogliere tutti i suoi cittadini nonostante le loro differenze ideologiche, religiose e sessuali".
Intanto però la redazione (che pubblica i propri contenuti in inglese, francese e arabo) continua a ricevere minacce di ogni tipo e il sito è stato recentemente violato da hacker che hanno modificato tutte le password e pubblicato un articolo che spiega perché l'Islam condanna l'omosessualità.
LA PRIMAVERA DELLE RIVISTE ONLINE - Il modello Gayday sta facendo scuola anche in altri Paesi africani: come riporta Il Grande Colibrì a fine marzo ha debuttato l'esperimento di Aswat (Voci), una nuova rivista LGBT marocchina online che si affiancherà alla ben nota Mithly, che proprio il primo d'aprile
ha festeggiato il suo secondo compleanno. Aswat vuole "arricchire la comunità gay marocchina, gravemente emarginata, e dare voce agli omosessuali vittime di molestie e persecuzioni da parte della legge e della società". Infine in Sudan dal 9 febbraio è attivo il blog Rainbow Sudan, che si occupa del difficile
rapporto tra omosessualità e cultura islamica e riporta i principali aggiornamenti sulle tematiche queer. Sarà difficile estirpare l'omofobia dal continente africano – solo l'anno scorso la Nigeria ha dichiarato fuorilegge
matrimoni, gruppi ed effusioni pubbliche gay, e nell'unico Paese che riconosce le unioni omosessuali, il Sudafrica, gli stupri di gay e lesbiche sono all'ordine del giorno – eppure questi coraggiosi esperimenti forse riusciranno prima o poi a fare breccia nell'opinione pubblica e a normalizzare l'omosessualità.



Fonte: http://www.giornalettismo.com/archives/236908/essere-gay-in-africa/
Pubblicato da Lorenzo bernini